lunedì 5 settembre 2016

LA FIERA BESTIA CHE MANGIAVA I BAMBINI - UNA STORIA DELLA MILANO SETTECENTESCA

La battaglia contro i lupi fu piuttosto dura e impensierì più volte le autorità laiche e religiose, raramente però nei secoli passati i lupi hanno portato la loro minaccia alle porte di Milano.
In questo ambiente, esterno ed estraneo alla città, i lupi erano numerosi e spadroneggiavano senza infastidire molto l’altro e più forte predatore: l’uomo. Soltanto nei periodi di carestia le due specie venivano allo scontro, ed era in genere il lupo che attaccava. I casi più drammatici, quelli del 1765-67, ebbero come protagonisti dei lupi idrofobi e i danni più rilevanti furono causati dalla malattia contratta dai morsi del lupo più che dai morsi stessi.
Nel 1792 le cose però andarono ancora diversamente. Dal 5 luglio al 2 settembre, un animale dall’aspetto pauroso e vagamente somigliante ad un lupo uccise quattro ragazzi e sei ragazze, tutti compresi tra i 6 e i 13 anni di età, ferì gravemente un’altra ragazza e assalì alcune persone adulte. Non era un periodo di carestia, né l’animale era idrofobo. Forse non era nemmeno un lupo.
Nella Biblioteca Braidense si trova un opuscolo di 67 pagine intitolato “Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell’Alto Milanese dai primi di Luglio dell’anno 1792”.
L’anonimo autore, gazzettiere (giornalista) dell’epoca, racconta in tempo reale ciò che iniziò il 4 luglio del 1792, a Cusago.
Domenico Cattaneo, 13 anni, aveva portato la vacca al pascolo; giunta sera però non era tornato a casa.
Il padre allarmato cose a cercarlo insieme ad altri; nel bosco trovò la vacca che pascolava, le vesti del bimbo sporche di sangue e accanto il corpo del bimbo, quasi del tutto divorato.
"Livido n’ era, e sommamente gonfio il volto; ma mancante del naso: mangiato n’ era il petto, e quanto restava esposto alla voracità della Fiera di quel corpo supino: le braccia, le gambe, e gli intestini separati dal corpo erano rimasti come un rifiuto; ma il fegato era stato mangiato in parte: del vestito non vedeasi, che qualche resto di camiscia lorda di sangue"
Si incolparono i lupi e si pensò che il bambino, stanco, fosse stato assalito mentre dormiva. Pochi giorni dopo però, il 9 luglio, un gruppo di ragazzi di Limbiate viene assalito da “una brutta bestia, simile a un grosse cane, ma dall’orribile aspetto e di strana forma”. I ragazzi fuggirono, ma il più piccolo, Carlo Oca di 8 anni, venne raggiunto. Quando i contadini accorsero avvertiti dagli altri ragazzi lo trovarono sbranato dalla belva. La notizia si sparse rapidamente seminando il panico tra i contadini. Molti videro o credettero di vedere lo strano animale in località molto distanti tra loro. Qualcuno sparò contro qualcosa, ma senza esito. I bambini erano tenuti chiusi in casa. Le autorità governative, nella persona del conte di Kevenhüller, il 14 luglio pubblicarono un Avviso nel quale si diede notizia dell’uccisione dei due fanciulli da parte di “una feroce Bestia di colore cinericcio moscato quasi in nero, della grandezza di un grosso Cane”. Fu indetta quindi una “generale Caccia” con premio di 50 zecchini per chi avesse ucciso la “predetta feroce Bestia”.
La caccia generale, organizzata da varie città e paesi della zona ad ovest di Milano, non diede alcun esito, neppure quando il premio per “distruggere la Bestia feroce” salì a 150 zecchini. Nel frattempo giravano strane voci sul “Mostro girovago”, segnalato ormai da troppe parti.
Un intraprendente tipografo stampò un’incisione dove la Bestia feroce venne raffigurata con un bambino in bocca, quasi fosse un nuovo tipo di biscione visconteo. Altri sostennero che si trattava di una jena, ricordando che recentemente era passato per Milano un artista girovago con due jene in gabbia. La notizia trovò ancora più credito quando si venne a sapere che questo artista - un certo Bartolomeo Cappellini - era a Cremona dove esibiva una sola jena. Interrogato, diede varie versioni sulla sparizione dell’altro animale, fece le valigie e riparò velocemente nel Veneto.
Più aumentava il premio, più numerosi erano i cacciatori che si lanciavano nell’impresa. Alcuni “professionisti” giunsero anche dalla Vallassina e dalla Valsassina, ma senza alcun esito. Anzi, arrivò ben presto dalla Bestia una tremenda sfida. Il 1° agosto sorprese un gruppo di bambini vicino a Senago, raggiunse Antonia Maria di 8 anni e la trascinò nel bosco dove i contadini che la inseguivano la costrinsero a lasciare la preda ormai moribonda. Sul collo della bambina furono contate 45 ferite. Un testimone fornì questa descrizione dell’animale che suscitò molte perplessità nei funzionari pubblici e un grande terrore nei contadini: “lunghezza di due braccia circa, alta un braccio e mezzo come un vitello di ordinaria grandezza, con la testa simile a quella di un maiale, orecchie da cavallo, peli lunghi e folti sotto il mento come le capre ed il resto del corpo baio rossino sulla groppa e lungo di egual colore sotto la vita, con la coda lunga arricciata, zampe sottili ma larghe alle estremità con unghie lunghe, con un grosso petto che va restringendosi posteriormente.”
Ormai tutta la città e il contado erano terrorizzati. A Milano non si parlava d’altro. Il 7 agosto anche la Municipalità di Milano volle fare qualcosa e decise di offrire “con le dovute cautele” fucili in prestito a chi avesse voluto cacciare la Bestia. Aggiunse altri 50 zecchini al premio offerto dal Governo.
Il 13 settembre erano pronte 18 delle 30 trappole previste. Si stilò il rapporto sull’idoneità da parte dell’ispettore del Beccaria, che il giorno 17 dispose il pagamento ai sacerdoti delle spese sostenute. Il giorno dopo, in un campo detto la Crosazza della Pobbia fuori di Porta Vercellina, distante da Milano miglia 5 circa, un lupo cadde nella trappola. I contadini, sentendolo urlare, lo colpirono con sassi e pertiche e poi lo impiccarono con un cappio.
Iniziò un processo formale di riconoscimento che vide sfilare molti testimoni chiamati a osservare l’animale per capire se era veramente quello veduto da loro durante le drammatiche aggressioni: molti riconobbero nel lupo ucciso la Bestia feroce, alcuni invece affermarono che si trattava di un animale diverso. Il 4 ottobre venne stilata una Relazione che ammise l’identità del lupo con la Bestia feroce, ma con molte riserve, tanto che si proseguì comunque a realizzare le altre 13 fosse, che furono terminate il 30 ottobre. Soltanto il 24 dicembre Beccaria autorizzò l’esposizione al pubblico del lupo, debitamente imbalsamato, in una casa Agli scalini del Duomo (dov’è ora la Rinascente) dalle 9 alle 14 e dalle 17 alle 21. Il biglietto costava 10 soldi a persona e per i nobili ci si rimetteva alla loro discrezione. Nella primavera dell’anno seguente le fosse vennero smontate e rinchiuse. L’incubo era finito, ma solo il 18 gennaio 1794 la Municipalità riconobbe il premio di 50 zecchini ai due sacerdoti, che presero in seguito altri 12 zecchini vendendo il lupo al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pavia.

info storiche: http://www.storiadimilano.it/



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