domenica 8 maggio 2016

LE CAVE DI VIGGIU' ED I "PICASSAS"

L'estrazione e la lavorazione della pietra nelle cave di Viggiù è documentata fin dai primi anni del quattordicesimo secolo. Alcuni atti notarili del tempo documentano un'attività florida e molto diffusa d'estrazione e lavorazione di queste pietre, in concomitanza con la nascita e la diffusione dello stile gotico in Italia, quando i "picasass" viggiutesi scoprirono le qualità di questo tipo di pietra, facilmente lavorabile e al tempo stesso resistente alle intemperie, così come adatta alla realizzazione di elementi architettonici decorativi e di sculture. Fu proprio in questi anni che Viggiù diventa un borgo fiorente, sede di laboratori gestiti da famiglie di maestri scalpellini e da marmisti. 
Innumerevoli palazzi e chiese italiane, svizzere e di altri Paesi europei, sono arricchite da colonne, arcate, portali,contorni, travi e statue realizzatecon la pietra della nostra zona.
La pietra estratta nel territorio viggiutese è comunque di tante varietà: abbiamo la "Calcarenite Oolitica" a grana fine bigia-rosetta e la "Calcarenite a grana grossa", che si trovano in pressochè tutte le cave della località, mentre la "Calcarenite finissima" e la "Piombina", calcare compatto, si trovano soltanto nei bacini d'estrazione presenti nella frazione Piamo. A queste tipologie di pietra, si aggiunge il "Fior di Sant' Elia" calcare dalle tonalità chiare, simile al Calcare roseo d'Arzo, quasi esclusivamente presente lungo le pendici sud-orientali delle colle S. Elia. 
Sotto il paese, verso Ovest, nelle zone denominate Val di Borgo, Valera, Piamo, Tassera vi è questa imponente massa di arenaria che fornì la ricchezza del borgo, alimentando l'antica industria.
Sono territori di bellezza bizzarra e pittoresca: i viggiutesi vi hanno lasciato in piedi massi, tagliati in forma di gran pilastri quadrati, i quali hanno l'aspetto di un grande porticato. All'interno di tali formazioni, gli scalpellini lavoravano protetti dalle intemperie.
Il paesaggio in questi luoghi è ancora oggi di una bellezza particolare e pittoresca, dove sono presenti grossi pilastri quadrati d'arenaria, che sembrano quasi formare grossi porticati. Il contesto ambientale-paesaggistico è davvero notevole.
Oggi le cave si trovano in stato d'abbandono, ma potrebbero essere riutilizzate, sia anche in funzione diversa, a seconda del loro stato di conservazione.
Nel 1983, nella casa studio di Enrico Butti, venne così allestita una primaesposizione sull’Arte dei “Picasass” che, con l’ausilio di bacheche e di tabelloni, illustrava le fasi salienti di quell’antico mestiere. Visto il buon esito della manifestazione si cominciò a costituire il primo nucleo del Museo dei “Picasass”. 
Il trasporto più memorabile fu quello delle sedici colonne di
marmo nero di Saltrio al Cimitero di Staglieno di Genova, nel 1853. Estratte in una delle cave di Saltrio appartenente alle famiglie Robbiani e Cassi, erano lunghe circa otto m. con un diametro di 1,20 m.
Il trasporto dalla cava !no al laboratorio dei Fratelli Catella di
Viggiù, dove vennero tornite e lucidate a regola d’arte, fu arduo. Per raggiungere la stazione di Como Borghi, poi, si dovette attrezzare un apposito carro, fatto costruire a Milano, e trainato ben 48 buoi: il carro venne fatto transitare per il Canton Ticino, una colonna per volta ed il passaggio di questo singolare trasporto per i paesi generava sempre
l’assembramento di una folla di curiosi. Il Regio Ministero dei Trasporti Pubblici, colpito dall’ardua impresa eseguita dai Fratelli Catella stabilì con uno speciale decreto che la spesa per il trasporto fosse ribassata del 75%.
Tra il 1700 e il 1800, l’emigrazione delle maestranze viggiutesi ebbe un carattere stagionale:
i magistri si spostavano in diversi città europee nel periodo da febbraio a novembre, per esportare la propria arte e i propri manufatti nella buona stagione, trascorrendo, invece, infamiglia i mesi invernali. Ciò che causò il cambiamento epocale della nostra emigrazione
furono, invece, i grandi avanzamenti nel campo della tecnica costruttiva che si svilupparono sul finire del XIX secolo, soprattutto a causa dell’utilizzo del cemento armato nelle grandi costruzioni soppiantando l’uso della pietra: come diretta ripercussione, tutte le attività
estrattive della pietra e le attività artigianali collegate entrarono in crisi.
Agli operai ed agli imprenditori della nostra zona non rimase altra soluzione che emigrare oltre oceano e soprattutto nel Nord America, zona ricca di cave di granito. Il lavoro di queste nostre maestranze venne da tutti apprezzato e la loro emigrazione da stagionale divenne
defnitiva. Un grave problema colpì la maggior parte di questi emigranti: la malattia della silicosi, contratta nel respirare la polvere che veniva prodotta durante la lavorazione dellapietra: poche decine di anni i pochi Picasass che rimasero in questi paesi andarono a scomparire.









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